Ezra Pound

Questa duplice lettura originale del 1959 si presta a varie riflessioni. Pound ha capito che «gli orrori delle moderne letture di poesie, sono dovuti alla recitazione oratoria», gente che legge poesie «con le intonazioni di un documento legale senza prestare attenzione al ritmo inerente le parole», ribadisce che «la poesia va letta come musica e non come oratoria». Il poeta quando legge non ha davanti a sé un testo poetico-partitura che gli indichi quando alzare la voce o abbassarla, la scrittura poetica non è la scrittura musicale né il libretto dell’opera. In una lettera scritta a Hubert Creekmore, datata Rapallo febbraio 1939, traspare una venatura critica sul come leggere una poesia «l’ordine delle parole e dei suoni dovrebbe provocare la giusta lettura, il giusto tono di voce». L’uso del condizionale (nostro corsivo) denuncia una certa rassegnazione, mentre alcune frasi scritte immediatamente prima, alludono all’optofonia già intrapresa dai futuristi e dai dada, anche se qui si esplica in una maniera lineare, «TUTTA la disposizione tipografica, la collocazione delle parole sulla pagina, mira a facilitare l’intonazione del lettore, sia che legga tra sé e sé o ad alta voce agli amici. Dati tempo e tecnica, potrei addirittura scrivere la notazione musicale dei vari passi o i mutamenti di registro». Si deduce da questo brano che quanto veniva leggendo non era letto a caso, secondo un istinto umorale, deittico, piuttosto si rivela conscio e razionalmente disposto a sensibilizzarsi verso i mutamenti di registro suggeriti dal testo stesso.

È una lettura musicale la sua, non c’è dubbio, «termini come staccato e legato si applicano al poetare», pertanto quando si passa all’esecuzione, essa deve poggiarsi su validi e consolidati schemi musicali. Oltre all’urlo, al mormorio o all’appena sussurrato, «si possono alterare le parole [pull the words out of shape], allungandone a dismisura i suoni vocalici, [by excessive lengthening of the vowel sounds]». Questa è l’anima della lettura poundiana, la musicalità timbrica viene direttamente dall’impostazione performativa delle vocali, non essendo note, né recando in sé una loro durata, il poeta a sua discrezione le articola a proprio piacimento. Questa variabile tarata sulle loro lunghezze, genera il ritmo della lettura poetica. Si spiega perché nel suo trattato sull’armonia Pound dia tanta importanza al tempo. In musica è fondamentale, ma anche in poesia e soprattutto quando la poesia viene letta, e si pretende da essa un’aura musicale, il problema della durata vocalica s’impone e deve essere risolto, senza abbandonarlo all’improvvisazione del momento pubblico. (Tra virgolette, citazioni dai saggi di Pound)