David Moss

Già lo abbiamo ascoltato in questa selezione, quando ha collaborato con Anna Homler, la sua cifra performativa è immediatamente riconoscibile, soprattutto dopo la presa di coscienza delle sue potenzialità vocali grazie all'incontro con John Cage.

Dotato di una forte vocalità, la sfrutta quasi ossessivamente con un modulo ondulatorio, alto e basso, decolli e atterraggi, salite e discese, dopo un po' che lo si segue, si potrebbe quasi prevedere quando sale e quando scende, in genere il basso azzera il tasso semantico, poltiglia fonetica tra mormorii e bisbigli, mentre l'alto gli permette una piena esplosione polmonare, a tutto tondo. Eppure in scena si porta un libretto che ogni tanto sbircia, perché l'impressione è proprio che legga il testo, solo che lo scarto tra la lettura e l'esecuzione del testo stesso è talmente grande che nessuno crede alla lettura di qualcosa ma ad una interpretazione di qualcosa di scritto che noi ignoriamo e che continueremo ad ignorare perché non scalfisce il piacere dell'ascolto.

Tuttavia la presenza del libro merita un approfondimento, abbiamo scoperto in una sua dichiarazione che per Conjure si è ispirato ai ritmi narrativi di Italo Calvino il quale a suo dire, riesce misteriosamente a fondere il suono e il significato.

Ascoltandolo, resta la sensazione di un poema-collage, un poema tritatutto che va dai ritmi commerciali a schegge rap, da rapidi cambi di velocità ad assolo di batteria, il tutto mixato su molteplici piste, un vero pastiche sonoro.