Jas Duke

Di origine irlandese, religione protestante; trapiantato in Australia, giramondo per un po', è un self-made poet. Della poesia sonora ha un concetto molto personale: "entra sul palco alla maniera di Groucho Marx, piegato in avanti e mani dietro la schiena, rivolto al pubblico, respira profondo, ancora e ripeti le parole SOUND POEM (poema sonoro), dando al OUND il suo giusto valore, aumenta il ritmo della ripetizione e di pari passo l'intensità, quando pensi di essere al massimo, ficca le dita in bocca, parla con le dita in bocca cercando di mantenere gli stessi livelli d'intensità di prima, stringi le labbra, tenta di aprire la bocca e infilaci una mano o tutte due le mani ­ io ho una bocca grande e delle mani piccole -, continua sempre a ripetere SOUND POEM. Quando pensi di averne abbastanza, togli le mani dalla bocca, spiffera ancora alcune volte le parole SOUND POEM, fermati ed esci".

I suoi poemi sonori consistono di frasi ripetute o anche di singole parole, a loro volta spezzettate in sillabe minimali, molto noto il pezzo qui riprodotto No no you can't do that, dove oltre ad evidenziare il no, suggeriva di ripetere almeno una cinquantina di volte la serie di no. Invece in A letter to Queen Victoria, sfrutta un suo difetto di pronuncia (balbuzie), in un valido schema performativo.