Amanda Stewart

Inclusa nel prestigioso antologico Penguin, Australian Women Poets (Poetesse australiane) 1986, il passaggio alla performance avviene grazie all'incontro con il musicista Warren Burt. La prima cosa che provano una volta messo piede in studio, (dovrebbero farla tutti i poeti sonori), è visualizzare l'altezza della voce durante l'esecuzione di un poema, per prendere coscienza fisica della voce stessa, giustamente considerata come un oggetto. In seguito il loro sodalizio piega verso l'improvvisazione, nel senso che parti di parole vengono catturate dal sintetizzatore e rielaborate secondo schemi predefiniti.

Interessante ascoltare il poema così come esso si presenta nella viva voce del poeta e lo stesso poema con l'intervento elettronico operato dal musicista. È un nuovo poema? È lo stesso poema potenziato o ridotto? Il poema ci guadagna o ci perde? Sono domande di non facile risposta, se il poeta avverte l'esigenza dell'ingresso musicale, evidente che lo ritiene indispensabile, a noi preme sottolineare la consapevolezza di un tale intervento, e di conseguenza il poema originale subisce un'alterazione e uno scatto in avanti. C'è, però, anche chi si fa sostenitore di un'oralità pura che rifiuta ogni genere di contaminazione tecnologica.